Berlusconi come l'amico fidato Gheddafi: chiuso nel bunker, all'alba del suo crepuscolo. Solo un anno fa la forza di Silvio la sua capacità taumaturgica agli occhi di chi credeva in lui, nella sua capacità di leadership, nella sua capacità gestionale e dirigenziale, era intatta. Oggi nemmeno i fedelissimi "cagnolini" Ferrara e Minzolini, con i loro editoriali riescono più a suggestionare gli italiani, facendogli credere che "tutto va bene", che "affrontiamo ed usciamo dalla crisi meglio degli altri, perché il popolo italiano, è un popolo di risparmiatori".
Oggi alla favola raccontataci per 3 anni non crede davvero più nessuno. Oggi  c'è bisogno di guardarci allo specchio, di scoprire prima di ogni altra cosa, i nostri difetti, cercando, ove possibile, un rimedio, una soluzione.
E' davvero giunto il momento che Berlusconi si faccia da parte: lui che non decide più nulla ma segue letteralmente, da bravo scolaretto, gli ordini contenuti nella lettera inviata dalla BCE contenenti le misure economiche e le riforme strutturali da adottare dal governo italiano per la risoluzione della situazione economica negativa contingente. Lui così fine imbonitore da riuscire ad imbrigliare ed imbrogliare le menti degli italiani per un paio di decadi  facendoci credere che l'Italia sarebbe stata gestita come una sua azienda e che il vantaggio economico derivante sarebbe stato ad appannaggio di noi tutti.
Ci troviamo oggi invece sull'orlo di un default che ha portato il tasso di interesse dei BTP decennali dall' 1,90% del 6 luglio a sfiorare il 6% soltanto ieri, con la BCE, in questo arco temporale, a comprare affannosamente e disperatamente titoli italiani pur di contenere lo spread dai bund tedeschi ed evitare situazioni ancor più critiche.
Dice bene Napolitano che perseguire l'obiettivo del pareggio di bilancio in situazione di stagnazione (se non recessione) economica è una sfida improba, impossibile, quasi utopica.
Ci si chiede per quale motivo questa classe dirigente, questa classe politica, non solo italiana, persegua così ostinatamente l'obiettivo di pareggio di bilancio dopo 40 anni di sviluppo economico finanziato in deficit e montagne di debiti pubblici accumulati senza ritegno. E' giusto perseguire una politica di taglio dei costi della politica e di contenimento della spesa pubblica, ma non si può pretendere di raggiungere tale obiettivo in una manciata di anni, soprattutto se il prezzo da pagare è quello di una crisi recessiva dai risvolti drammatici ed imprevedibili.
Sarebbe meglio attuare una politica di contenimento della spesa pubblica da attuarsi progressivamente finanziando nel contempo misure atte a rilanciare sviluppo e crescita economica in un quadro complessivo che preveda anche quelle riforme strutturali tanto annunciate, dai governi che si sono succeduti negli anni, quanto inattuate, causa le difficoltà economiche ma anche la debolezza evidenziata dalla classe politica nei confronti delle lobbies corporative, da sempre al comando in questo paese e le quali da sempre osteggiano riforme che potrebbero, anche solo in minima parte, intaccare poteri da esercitare e diritti acquisiti. 
E se anche Confindustria e la Marcegaglia scaricano il premier chiedendo a piena voce le dimissioni per manifesta incapacità di governo e di leadership si capisce come il declino del satrapo "rais della brianza" sia sempre più evidente. 
Tralasciando le varie intercettazioni che dire compromettenti risulta persino eufemistico, ce n'è una in particolare  che mi ha sorpreso. Quando Lavitola chiede a Berlusconi di utilizzare schede sudamericane per le loro "conversazioni private" ed il premier sbotta in un "...."Ma guarda un po', queste cose le fanno i mafiosi"...
La domanda, Silvio, sorge spontanea (come direbbe il buon Lubrano), come è possibile che un presidente del consiglio intrattenga rapporti così confidenziali con personaggi dediti alla truffa, alla corruzione, alla malavita?
Il tempo è compiuto, la fine è giunta. E' ora che Berlusconi si dimetta, rimanga nel suo bunker accomunato da un destino infausto e beffardo al suo fidato amico Gheddafi lasciando a chi ne è capace l'adozione di provvedimenti che possano determinare la soluzione delle criticità contingenti causate anche dalle sue incapacità.  E' ora che il nostro sguardo si volga verso un orizzonte da troppo tempo offuscato da fosche e fumose promesse, minacciato da un inglorioso decadimento verso il fallimento odierno, un orizzonte che già da domani si dovrà chiamare di nuovo speranza.