L'idea di Stato che questo presidente del Consiglio, questo Consiglio dei Ministri, questo Parlamento, l'intera classe dirigente ha in mente è quella del pieno sgretolamento della P.A. Per loro la "deregulation" non rappresenta il processo per cui i governi eliminano le restrizioni degli affari al fine di incoraggiare le efficienti operazioni del mercato, bensì l'operare senza alcuna limitazione normativa, senza bisogno di autorizzazioni di sorta o rendiconto di spesa, nel pieno disinteresse dei criteri di trasparenza, legalità, efficacia ed efficienza cui gli atti della pubblica amministrazione dovrebbero ispirarsi e come previsto a livello legislativo . 
Magari vi erano buoni propositi in chi concepì la forma degli enti della P.A. come società per azioni a partecipazione mista pubblico/privato. Come risultato abbiamo ottenuto invece distorsioni, omissioni, cifre gonfiate, controllo sui giornalisti, controllo sulle notizie, comunicati stampa come se si pubblicizzasse un’azienda privata. Si utilizza la "shock economy" decretando lo "stato di emergenza" o la dicitura "grande evento" pur di derogare qualsiasi disposizione normativa in merito ai criteri di assegnazione degli appalti minando di fatto le fondamenta democratiche del nostro paese ed alimentando, purtroppo, il formarsi delle famigerate e celeberrime "cricche" di potere, dedite alla spartizione degli appalti, che vanno dall'organizzazione dei mondiali di nuoto fino alla ricostruzione post terremoto dell'Aquila. 
Mentre la privatizzazione della Protezione Civile tramite un’apposita Società per Azioni è stata stoppata in corso d’opera, travolta dagli scandali sulla corruzione negli appalti, la stessa cosa non è successa per  Difesa  Servizi SpA, nonostante che  la performance della portaerei Cavour (utilizzata per portare soccorsi  ai terremotati di Haiti!)  faccia suonare più di un campanello d’allarme. Nessuno ne sa nulla, nessuno ne parla ma di fatto alla Difesa spa va la responsabilità di ogni acquisto per le Forze armate, armamenti esclusi. Le decisioni sono prese dal consiglio di amministrazione, otto membri di scelta ministeriale, che devono rendere conto solo al ministro, per un budget fra i 3 (tre) e i 5 (cinque) miliardi di euro. Il meccanismo spazza via ogni criterio di trasparenza: la Corte dei Conti può intervenire solo in caso di comportamenti penalmente rilevanti (in sostanza, di dolo conclamato), mentre non è ben chiaro che cosa succederà se la Difesa spa dovesse andare in perdita.
L'azienda ha il potere di inserire nelle strutture militari anche impianti energetici, senza limitazioni legate alle esigenze delle Forze armate: in parole povere, potrebbe far eseguire la costruzione delle centrali nucleari all'interno delle caserme, senza preoccuparsi di ottenere autorizzazioni dagli enti locali e scavalcando ogni discussione. La Difesa spa curerà anche non meglio definite "sponsorizzazioni": un termine che inevitabilmente propone immagini di blindati in missione sulle montagne dell'Afghanistan colorati come le monoposto di formula 1, o cacciatorpediniere colorati come le barche della Coppa America, idee molto lontane dalla tradizione delle Forze armate.
Ma il vero affare è quello del mattone: la Difesa spa gestirà anche le dismissioni immobiliari, con lo scopo dichiarato di recuperare danaro per le spese militari. Ad affiancarla, secondo i piani del governo, saranno società di gestione del risparmio, che dovranno valorizzare il patrimonio della Difesa creando dei fondi di investimento e vendendone i titoli, per poi rimborsare all'erario il valore di partenza degli impianti venduti e versare alla Difesa le plusvalenze.
Il meccanismo ha già trovato un intoppo: per garantire la creazione di queste plusvalenze, a fianco dell'inevitabile cambiamento di destinazione d'uso dei beni immobili era prevista la possibilità di un ampliamento della volumetria pari al 30 per cento, anche qui scavalcando ogni autorizzazione, compresa quella sull'impatto ambientale. Un nuovo scempio, bloccato però come incostituzionale, per fortuna, dai giudici della Consulta.
Il modello di gestione degli affari della pubblica Amministrazione soffre insomma di una fragilità dei controlli con alti rischi di corruzione. Non si è capito infatti che attribuire a Difesa Servizi Spa le funzioni di "centrale di committenza" significa prestare il fianco a possibili attribuzioni di appalti senza bando, legate ad amicizie politiche, in favore di potentati locali.
Si assiste anche alla pratica di esternalizzazione di attività che in realtà dovrebbero o potrebbero essere svolte, con minori costi, dai dipendenti civili della Difesa.  Con il risultato che invece di una formazione professionale al proprio interno si preferisce assegnare commesse esterne non trasparenti con l'ulteriore effetto di anemizzare le professionalità interne.
Non a caso tratto questo argomento, alla vigilia dell'approvazione della ennesima manovra finanziaria del governo e nel pieno della crisi economico finanziaria che ha infuocato una estate rovente non solo in termini meteorolgici. Questo è il modello organizzativo ideato dal nostro presidente del consiglio, questo il modus operandi della P.A. e della società italiana nella globale visione del premier. Clientelismi e favori, cricche ed ambiguità, malaffare e dagospie in un utilizzo spasmodicamente personalistico degli apparati governativi ed istituzionali volti all'accrescimento continuo del patrimonio personale e del potere politico, visto come capacità accentratrice di potere decisionale. Berlusconi rappresenta una deprecabile immagine della storia italiana ma questo "stato nello stato", questa "massoneria a delinquere" forse rappresenta la fotografia esatta di quello che l'Italia non dovrebbe e non vuole più essere.