Non ci resta che piangere...questo il laconico e dolente commento che mi sovviene alla vista di Tremonti e Berlusconi che annunciano gli straordinari provvedimenti partoriti dalle loro geniali menti per tappare definitivamente, secondo il loro autorevole parere, la voragine del debito sovrano italiano che tanto preoccupa gli operatori finanziari di tutto il mondo pronti a smobilizzare il portafoglio titoli di BTP italiani prima che vengano declassati quali "junk bonds".
Le premesse sembrano ottime, finalmente adotteranno misure contenitive della spesa pubblica, rilanceranno consumi attraverso manovre di sostegno ad imprese e famiglie, abbasseranno la pressione fiscale o meglio, adotteranno la provvidenziale quanto invocata riforma fiscale per colpire i più abbienti, chi, in questi anni fra scudi fiscali, condoni, proroghe, mancate sanzioni (eufemismo), depenalizzazioni del falso in bilancio, clientelismi, favori e tangenti,  ha avuto la capacità di trarre vantaggi reddituali importanti. Ed invece, purtroppo, bastano le prime parole abbozzate, per capire che l'improvvisazione regna sovrana, non soltanto nella organizzazione della conferenza stampa, ma soprattutto nei contenuti delle misure adottate, semplicemente inadeguate.
Come in maniera grossolana e volutamente evasiva Tremonti spiega brevemente si tratta di 4 provvedimenti: 2 riguardanti la finanza pubblica, gli altri inerenti la finanza privata.
Quelli concernenti la finanza pubblica riguardano un progetto di riforma costituzionale atto ad inserire una specifica norma che preveda l'introduzione del principio del pareggio di bilancio e, la seconda, l'anticipo del pareggio di bilancio al 2013.
I provvedimenti inerenti la finanza privata riguardano un secondo intervento sulla carta costituzionale per modificare l'art. 41 e "rendere lecito tutto ciò che non è espressamente vietato". L'altro punto va discusso con parti sociali e confindustria e riguarda una "fantomatica" quanto "inquietante" riforma complessiva del mercato del lavoro. Questa sarebbe la "ricetta" anti-crisi sfornata dal governo.....
Analizziamo i  punti singolarmente. Per ciò che concerne i progetti di riforma costituzionale, tralasciando un giudizio di merito, dal punto di vista della legittimità sappiamo che per riformare una norma costituzionale, sono necessarie due deliberazioni di entrambe le camere ad un intervallo non minore di tre mesi ed a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna di queste nella seconda votazione. Provvedimenti che sembrano onestamente insufficienti vista l'urgenza chiesta dalla complessità del momento congiunturalmente negativo. Oltretutto mi chiedo quale sia l'efficacia apportata  dalla revisione dell'art. 41 visto che ciò che non è espressamente vietato dalla legge, ad oggi, è già esplicitamente lecito. Come se la revisione di questo famigerato articolo 41 avesse un potere taumaturgico sul tessuto industriale, sui limiti reddituali e le capacità di assorbimento dei mercati.
Gli altri provvedimenti esposti invece sono stati enunciati ma non approfonditi in maniera si comprendesse quali sono i reali interventi ed i provvedimenti che il governo ha intenzione di adottare per far fronte alla tempesta finanziaria cui siamo esposti in prima linea. 
Comunque convocare una conferenza stampa in tutta fretta per annunciare l'anticipo del pareggio di bilancio al 2013 e la riforma del mercato del lavoro sentite le parti sociali e dopo aver approvato un protocollo d'intesa, ma senza entrare nel merito, è il segno della inadeguatezza, improvvisazione e superficialità di chi ha la responsabilità politica e di leadership di questo paese.
Sorprende per altro che né l'opposizione, tanto meno i media abbiano sottolineato, con il vigore e lo stupore  necessario e richiesto dalla drammaticità degli eventi che ci coinvolgono e ci sconvolgono, l'inadeguatezza del piano anti crisi messo in cantiere.
Ma, nella notte, arriva il colpo di grazia: l'agenzia Standard & Poors ha annunciato di aver tagliato di un livello, ad AA+, il rating sul debito del governo americano, motivando la decisione con il giudizio sulle misure decise nei giorni scorsi a Washington, definite "inferiori" a quanto necessario per riportare il deficit federale sotto controllo.   "Il downgrade - si legge in una nota dell'agenzia - riflette la nostra opinione che il piano di risanamento dei conti pubblici deciso da Congresso e Amministrazione sia lontano da quanto necessario, a nostro avviso, per stabilizzare la dinamica a medio termine del debito governativo". L'outlook dell'agenzia sul debito degli Stati Uniti rimane negativo e, ha ammonito S&P, un ulteriore taglio al livello AA resta possibile nei prossimi due anni se i tassi di interesse dovessero salire o se il governo non riuscisse ad apportare i tagli alla spesa promessi o addirittura dovesse aumentarla. 
Al di là della contestazione della motivazione del declassamento subito dal Ministero del Tesoro americano, c'è una considerazione di fondo: ormai son finiti i tempi in cui la superpotenza a stelle e strisce godeva di un credito bancario estero illimitato e, al di là delle contestazioni portate alla agenzia di rating da parte della Casa Bianca, bisogna sottolineare che i maggiori economisti del mondo avevano prospettato un taglio del rating che era prevedibile a causa della crescita del debito sovrano e per le miopi dispute politiche cui abbiamo assistito a Washington.  E' ora che comprendiamo tutti, chi ha responsabilità governative ed istituzionali per primi  soprattutto, che bisogna risolvere i  problemi strutturali di debito e garantire la sicurezza degli asset come principio economico ed anche che, come principio morale, bisogna ristabilire il principio di "buon senso" per cui si dovrebbe vivere all'altezza dei propri mezzi.
Facile prevedere che senza l'intervento della BCE che ha promesso di sostenere l'Italia sui mercati attraverso l'acquisto di BTP italiani, lunedì una nuova tempesta "perfetta" finanziaria si abbatterà su Piazza Affari e su Milano, alla faccia del caldo estivo e dell'immobilismo del governo. Dopo si, non ci resterà che piangere.