Altro che guasto tecnico! E' stata la Provvidenza a salvarci da un tracollo ancor più pesante. Ieri Piazza Affari chiudeva a -5,16% mandando in fumo 173 miliardi di euro di capitalizzazione, cinque listini europei sono finiti in blocco tecnico: Piazza Affari è andata in tilt nell'ultima mezz'ora, con gli indici che non riuscivano più ad aggiornarsi, mentre i listini di Parigi, Bruxelles, Lisbona e Amsterdam si sono fermati per circa un'ora a causa di malfunzionamenti dei computer della casa-madre Nyse-Euronext. 
Sono ben 9 i giorni in cui i mercati finanziari europei continuano la folle discesa verso l'inferno, per Milano ultimo "domicilio matematico conosciuto" a -17,12%, bruciate tutte le capitalizzazioni dall'inizio dell'anno ad oggi e crisi globale paragonabile alla situazione congiunturalmente negativa susseguente al crack di Lehman Brothers.
Ma più che un attacco di speculatori portato scientificamente questo sembra un attacco di panico portato randomly, casualmente.
Ormai le vendite non son più concentrate solo sul nostro paese, ma sull'intera Europa e ed anche sugli Stati Uniti. Normale in questa fase di instabilità che gli investitori disinvestano titoli che non sembrano sicuri rifugiandosi in titoli o, meglio, beni che hanno sempre rappresentato l'estremo baluardo anti-speculazione come l'oro, bene rifugio per antonomasia.
Infatti l'oro veniva scambiato al prezzo record di 1681 dollari per poi riposizionarsi un pò più in basso.
Anche i BTP Americani, nonostante il debito pubblico gigantesco, rappresentano ancora un "porto sicuro", tant'è che i rendimenti biennali hanno toccato il minimo storico, (0,27%).
Addirittura i titoli di stato USA con scadenze brevissime (da 1 a 3 mesi), per qualche istante sono scesi sotto lo zero: significa che chi li acquistava invece di ottenere un interesse, li pagava!
Sono i risvolti della crisi globale, il paradosso dei mercati finanziari: pur di parcheggiare i propri investimenti in un posto sicuro si rinuncia persino al dovuto interesse.
Ma oggi cosa accadrà? Le premesse non lasciano immaginare nulla di  buono. Anzi al contrario è doveroso aspettarsi un altro "venerdì nero" di vendite e panico sui mercati.
Infatti   In Europa per i mercati la giornata comincia male, con Parigi che affonda a -6%, Francoforte e Milano a -3%, Londra a -2%. E con lo spread Btp-Bund che vola oltre i 400 punti. Ma, dopo una raffica di sospensioni, Milano riesce a dimezzare le perdite (ora il Ftse Mib viaggia intorno a -1,6%) e lo spread scende sotto quota 400. La situazione è realmente drammatica.
Cosa aspettarsi adesso? Come intervenire?
La situazione è talmente complessa che non possiamo permetterci di avere nella "stanza dei bottoni" persone inette o inefficaci.
E' inquietante l'assenza di consapevolezza della politica (pronta con i trolley nell'ultima seduta in Parlamento), sullo stato reale in cui versa il nostro Paese, sulla gravita' del momento, sulla drammatica condizione sociale di milioni di famiglie italiane ed anche il vuoto di prospettiva per il futuro.
Oggi abbiamo bisogno di una leadership forte che ci traghetti verso lidi sicuri fuori dal pantano finanziario in cui siamo invischiati e che rischia davvero di portarci verso il default, il fallimento di stato.
Ma come mai ci troviamo in questa situazione? Sono molti fattori che concorrono. Uno degli elementi sembra essere il numero spropositato di titoli di stato che le banche detengono nel proprio portafoglio.
Attualmente  gli istituti di credito europei hanno infatti in pancia il record di 1.500 miliardi di euro di bond emessi dai Governi: il 29% in più rispetto ai livelli precedenti al crack di Lehman. Cifra piccola rispetto agli attivi totali delle banche, certo. Ma che, con la crisi di alcuni stati, rischiava di diventare indigesta. Ecco perché la Bce è dovuta scendere in campo per salvare l'intero sistema: sia gli stati  sia le banche.

Le elaborazioni di Rbs su dati della Bce parlano chiaro: gli istituti più attivi nell'acquistare titoli di stato dal 2008 ad oggi sono stati – in termini relativi – quelli di Portogallo, Spagna e Grecia. Guarda caso, sono proprio le banche degli stati che più avevano bisogno di finanziamenti. Anche gli istituti italiani hanno fatto la loro parte, acquistando molti titoli pubblici: in portafoglio sono infatti aumentati da 180 miliardi di euro del settembre 2008 ai 227 miliardi del marzo 2010. (ognuno è al tempo stesso debitore e creditore dell’altro in un intreccio non facilmente districabile che rende ancora più vulnerabile il pasticcio)
Ma questi acquisti non sono stati un "favore" ai governi: sono stati un business molto profittevole. Del resto il giochino del carry trade era semplice. La Bce prestava alle banche qualunque somma di denaro al tasso fisso dell'1%: a loro bastava prendere tutti i soldi che volevano e comprare titoli di Stato che rendevano più dell'1%. Il gioco era reso più facile dalle regole di Basilea 2, che non prevedono assorbimenti di capitale per i bond governativi. Anche un bambino avrebbe fatto soldi.
Infatti tutti ci hanno guadagnato. Uno studio di Citigroup conferma che la liquidità immessa dalla Bce sul mercato tra l'agosto 2008 e il gennaio 2010 è stata in gran parte usata per comprare titoli di Stato. Prendiamo per esempio le banche portoghesi: hanno preso dalla Bce denaro pari al 2% dei loro attivi e hanno investito in bond governativi un ammontare analogo. Quelle spagnole hanno fatto di più: hanno preso dalla Bce denaro pari all'1% dei loro attivi e hanno investito in titoli di Stato una cifra doppia. Anche quelle italiane – che di soldi dalla Bce ne hanno presi pochi – hanno comprato titoli di Stato per un ammontare pari all'1% dei loro attivi. Insomma: con una mano gli istituti si finanziavano a Francoforte e con l'altra compravano titoli di stato. Con enormi profitti. Il risultato, oggi è sotto gli occhi di tutti.

E quest'anno i nodi sono venuti al pettine. Innanzitutto le banche faticano a continuare il trend dell'anno scorso: «Ormai abbiamo i bilanci pieni – spiega il capo di una sala di trading – per cui dobbiamo ridurre un po' gli acquisti di titoli di Stato». Silvio Peruzzo, economista di Rbs, sottolinea però che, comunque, «resta forte la spinta regolamentare di Basilea 2 a comprarli». Ma un terzo operatore va dritto al cuore della questione: «Bisogna ridurre i debiti pubblici: non funziona più il gioco di passare il cerino dal privato al pubblico e viceversa» (questo funziona solo se il debito non crescesse a questa velocità data dalla sua esponenzialità, quindi l’unica alternativa è il crash del sistema, una guerra o una moratoria biblica dei debiti)). L'intervento della Bce, che ha iniziato a comprare direttamente titoli di Stato, serve per ridare liquidità al mercato e per creare una valvola di sfogo. Ma secondo gli esperti nel lungo termine non basta: bisogna uscire dalla spirale dei debiti (tutti lo dicono, ma nessuno lo può fare, sembra che non vogliano prendere in considerazione la matematica e questo se non è in cattiva fede è di una stupidità estrema. Il sistema è già imploso e nessuno lo vuole ammettere.)...."

Occorre delimitare i confini della speculazione in modo serio per evitare che le oligarchie finanziarie spostino enormi quantità di beni finanziari, facendo soldi dal nulla come con il carry trade,  e  compromettendo le economie e le vite di interi paesi, intere popolazioni inermi.

La regolamentazione delle transazioni finanziarie è il nodo centrale, ma in Italia bisogna anche dare respiro ad imprese e famiglie, rilanciando consumi e sviluppo. Come? Con una tassa patrimoniale, volta a colpire i grandi patrimoni, spesso accumulati illecitamente  attraverso speculazioni con aziende off-shore se non addirittura attraverso attività criminose.
Secondo aumentare la tassazione delle rendite finanziarie per iniziare a limitare il deficit pubblico, abbassando il rapporto debito/pil e recuperando fiducia sui mercati finanziari. (sicuramente si abbasserebbe la pressione sui titoli di stato).
Inoltre limitare le spese militari al minimo livello (ministero della difesa compreso) permetterebbe lo start-up per la tanto annunciata ma mai realizzata diminuzione della pressione fiscale che porterebbe ulteriore respiro ad imprese e famiglie.
Inoltre evitare inutili finanziamenti a pioggia alle grandi imprese utilizzando tali fondi per finanziare invece il credito alle PMI vero motore trainante del tessuto industriale del nostro paese.
Sono pochi spunti, ma esemplificativi sulle possibilità di intervento che ci sono, se c’è anche la volontà politica di attuazione, di intervento.
Invece il Parlamento è desolatamente vuoto come il portafogli di milioni di italiani che i propri trolley li lasceranno malinconicamente vuoti, in cantina.