Secondo il Fatto Quotidiano il governo ha minacciato di togliere a Telecom il controllo della rete telefonica. E l’emittente ha dovuto cedere
L’operazione Michele Santoro a La7 è saltata per più di un motivo: in parte l’abbiamo già raccontato, il perché. E’ dipeso dalle esose richieste dell’autore in termini di autonomia editoriale; ma non è davvero l’unico fattore da tenere sotto controllo. Da giorni Santoro non fa che denunciare a mezzo stampa il “conflitto d’interessi” che ancora una volta si sarebbe abbattuto su di lui e sulla trattativa aperta per portare Annozero sul canale di proprietà di Telecom Italia Media.

RETE TELEFONICA – Tutto è partito, spiega il Fatto Quotidiano, con la presentazione della bozza di manovra finanziaria. In quel testo, fin dall’inizio, era presente un piano un po’ particolare.

La bozza prevedeva un progetto del ministero per lo Sviluppo economico di Paolo Romani: “Un piano di interesse nazionale per il diritto di accesso a Internet”. E come? “Mediante la razionalizzazione, la modernizzazione e l’ammodernamento delle strutture esistenti”. Parole astruse e verbi incrociati per sottrarre a Telecom l’ultimo bene invidiato da tutti i concorrenti: la rete fisica, quella che porta il cavo telefonico in tutte le case e gli uffici, eredità del monopolio pubblico. Il governo pensava di aprire il mercato e le connessioni veloci imponendo “o bbl i g h i di servizio universale”. Tradotto: Telecom investe per migliorare la sua struttura e poi deve metterla a disposizione dei concorrenti. Il governo di lievi e dure sforbiciate, che spinge all’infinito una correzione nel bilancio statale da 47 miliardi di euro, sentiva l’urgenza di ricorrere ai soldi della Cassa depositi e prestiti per “finanziare il piano nazionale su Internet”. Poche righe nascondevano un possibile esproprio del tesoro più sensibile per i vertici di Telecom.

E così il governo pensava di minacciare Telecom dello scorporo della rete telefonica per affidarla ad un ente gestore analogo a quello che gestisce la rete elettrica (Terna) o quella ferroviaria (RFI). Stranamente, dice il Fatto, tale intento “punitivo” sarebbe sopravvissuto lo spazio delle 48 ore.

E POI SE LA RIMANGIA – Sarebbe bastato, infatti, aspettare che la rete rinunciasse alla trattativa aperta con Santoro per far sparire come per magia quella norma che a Telecom avrebbe sottratto quote di mercato ed impensierito non poco gli azionisti (che erano, ricorda il quotidiano, già scesi sul piede di guerra alla notizia dello scorporo della rete).

L’ipotesi dura due giorni, esattamente 48 ore, fin quando ieri accadono due fatti all’a p p a re n z a distanti ma forse strettamente legati: La7 annuncia la fine di qualsiasi negoziato con Santoro, azzoppando così l’ipotesi terzo polo televisivo; e, in contemporanea, il governo cambia la norma, stravolge il suo “piano di interesse nazionale per il diritto di accesso a Internet” e cancella dal testo della manovra quei passaggi – “la razionalizzazione, l’obbligo di diritto universale” –che minavano la stabilità patrimoniale di Telecom e preoccupavano i suoi azionisti (anche stranieri). Anche se il numero uno di Telecom Italia Franco Bernabè giura che tra i due fatti non c’è alcun nesso, e ribalta su Santoro l’accusa di aver cercato pretesti per far saltare la trattativa con La7, i casi sono due: o le idee del ministro Romani e del governo sono talmente labili da evaporare nel breve volgere di 48 ore, oppure la rivoluzione telematica di Berlusconi era un atto di forza, un segnale per intimorire La7.

Intanto, continua il Fatto in un ulteriore articolo, il giornalista non si arrende: starebbe prendendo contatto con un network di Tv regionali pronte ad ospitare in contemporanea Annozero. Un modo per bucare il duopolio Tv analogo a quello che utilizzò proprio il Cavaliere alle origini del sistema televisivo Fininvest.