Oslo, 22 luglio 2011, e come lampi, flashback improvvisi, fotografie della memoria dell'orrore tornano  Kabul, Beirut o la New York dell'11 settembre. E nella caccia immediata al "mostro" tutti guardano con sospetto al jihadismo islamico mentre i dispacci giornalistici della prima ora sembrano quantomeno avventati nell'addossare ai seguaci di Allah la responsabilità del delirante atto terroristico.
E adesso che si è accertato che l'attentato al cuore della Norvegia e dell'Europa è stato portato da uno dei suoi figli, templare di una delirante crociata xenofoba ed inumana, lo sgomento si fa ancora più triste, dai colori più cupi.
Mi chiedo come una malvagità così radicale sia potuta scaturire nel paese del Nobel per la Pace, come una ferocia inimmaginabile abbia potuto colpire la aperta società scandinava dove si rispettano la natura, gli animali, tra quei fiordi dove tutti cercano la pace e la tranquillità, il relax, la serenità. I norvegesi non sono immuni all'inquietudine: Edvard Munch ne ha dipinto uno dei ritratti più celebri, ma finora il malessere sembrava covare nell'intimo, provocava macerie interiori; qui siamo in presenza di un "disumano big bang" sociale, di uomini che odiano gli uomini, è la "cannibalizzazione" dell'animo umano.
La strage di Oslo segna il punto di non ritorno, la disintegrazione di un luogo, forse onirico, forse immaginario dove vigevano il rispetto e le buone maniere, una nazione votata alla civiltà in assenza di criminalità e di conflitto. Dopo le immagini che purtroppo tutti abbiamo visto, Oslo è nella lista con Beirut, Kabul e la New York dell'attentato, testimone della assurda e cruenta guerra che l'uomo conduce contro sé stesso, la sua morale, i suoi valori.
E' ora di fermarci, tutti. E' ora di guardarsi dentro, di aprire le menti ed i cuori. E' ora di riflettere e giudicare il nostro operato, ciò che la industrializzazione dei nostri territori, la modernizzazione della società civile hanno prodotto, quali sono, se ve ne sono rimasti, i valori fondanti della cultura dell'uomo, del suo benessere, del suo progredire.
Forse scopriremo che, la odierna moderna società civile ha immolato, idolatrando gli status symbol, bandiere del consumismo compulsivo, quali il Suv o l'Iphone, sulla pietra sacrificale dell'altare del nostro benessere  le nostre aspirazioni, i nostri sogni, i nostri desideri di essere migliori, di essere "umani".
La capacità di trasmettere ai nostri figli, alle future generazioni i valori positivi, del sacrificio, del lavoro, dello spendersi per il bene comune, del rispetto, della educazione, dell'altruismo. Abbiamo riempito il nostro cuore dei beni materiali prodotti dalle nostre aziende, dalle nostre multinazionali globalizzate,  svuotandolo dei valori immateriali che ci fanno essere raziocinanti, distinguendoci dall'animale.
Animale come l'attentatore che con freddezza inumana abbiamo visto sull'isola di Utoya. Con spietata e bestiale crudeltà, cinico disprezzo per sé stesso, soprattutto, ma anche per tutto ciò che è bene, che è vita, prende la mira, tra "mucchi di corpi e cadaveri" su un povero cuore che a mani alzate chiede che gli sia risparmiata la vita: fa un appello disperato a quella umana pietas, il riconoscere e rispettare l'uomo in ogni uomo, di cui tutti, nell'era della globalizzazione e della degenerazione della moralità dei nostri cuori, siamo dimentichi.
E' l'ora della ricostruzione di questo sentimento di umana pietà: riappropriamoci, guardandoci nel cuore, di tutti quei valori positivi, non soltanto cristiani,  che la cinica e consumistica società moderna ci ha strappato dal petto.
E' l'ora di ripartire dall'uomo, dal suo cuore, dall'amore, sentimento profondamente umano, per ricostruire una società in cui il valore della persona ed il rispetto per il prossimo, anche se profondamente diverso da noi,  riacquisti la centralità della sua importanza. Che quel, RESTIAMO UMANI,  slogan, insegnatoci dal nostro amico, Vittorio Arrigoni, segni la traccia nel cuore, perché siamo tutti appartenenti alla grande famiglia umana.
Forse scopriremo che insieme si può costruire uno sviluppo al di là delle speculazioni finanziarie, della corruzione, della criminalità e delle recessioni. Partendo dai valori di solidarietà umana costruiremo una società dove il primo benessere è quello del cuore.