Qualcuno ironicamente affermava che i politici ascoltano sempre gli economisti ossessionati dall'austerity "perchè sono persone per bene, molto serie!".
Peccato che queste persone sono le stesse che stanno condannando l'Italia a subire l'onta del default, la caduta nel baratro, già toccata a Grecia, Irlanda e Portogallo. Bisogna necessariamente approvare il pacchetto di austerità proposto dal Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e dal Ministro dell’economia Giulio Tremonti, si dice, o l’Italia è condannata.
Le problematiche hanno almeno una duplice interpretazione: la prima tutta italiana: la soluzione del nostro governo è priva di prospettiva e di credibilità. Una manovra "infarcita" di aumenti e nuove tassazioni senza sviluppo, senza rilancio della economia, senza prospettive di recupero di credibilità. Soprattutto se le soluzioni vengono proposte dalle stesse persone che la crisi l'hanno generata ed ora chiedono al ceto medio ed ai pensionati di pagare il conto del loro fallimento.
La seconda fase interpretativa è invece europea. Invece di creare soluzioni adatte per l’economia di ogni nazione, i governi hanno ora la fissazione ossessiva di impiegare un maggiore controllo dei deficit di bilancio per soddisfare il patto europeo di stabilità. La politica economica è diventata un esercizio di "partita doppia", una partita di giro, una contabilità con saldi prefissati senza alcuna critica costruttiva su come far funzionare l’Euro o promuovere la crescita sostenibile.

 Nel 2008, questa contabilità ossessiva ha chiesto agli irlandesi di salvare le loro banche, nazionalizzandole e spalmando il debito sul popolo irlandese. Nel 2010, ha illuso la Grecia che con una sola manovra di austerity la crisi sarebbe stata risolta . Nel 2011, si è imposto all’Italia di tagliare gli investimenti nelle energie rinnovabili e di ridurre drasticamente la spesa sociale, imponendo coercitivamente scelte che inesorabilmente minano lo sviluppo.
Certo il nostro deficit è in gran parte auto-finanziato e il nostro tasso di risparmio personale è alto e non abbiamo nemmeno sofferto della bolla della speculazione immobiliare, come la Spagna nel recente passato. Ma l’Italia è comunque in una condizione critica, e una dose del pacchetto di austerità di Tremonti è esattamente quello che ci vuole.
Solo che questo tipo di austerità non è la soluzione. Se approvato e implementato, il pacchetto di Tremonti creerà una catastrofe sociale di 45 miliardi di euro. Quello che dobbiamo fare invece è capovolgere questa politica. Certo, l’Italia ha un alto rapporto tra debito pubblico e Pil, ma il nostro Paese ha bisogno di concentrarsi sul lato Pil di questo rapporto. Il problema dell’Italia è legato alla crescita quanto al suo debito.
Questo non può accadere se non sostituiamo gli sprechi con intelligenti investimenti pubblici. Invece di versare miliardi di euro in progetti inutili e dispendiosi come quello di Berlusconi per il ponte sullo stretto in Sicilia, abbiamo bisogno di investire in infrastrutture che aumentino la produttività. Dovremmo ampliare - non tagliare - investimenti nel settore delle energie rinnovabili, nella scuola, nella ricerca e nello sviluppo.
Il Patto di Stabilità non è l’11˚ Comandamento. Possiamo e dobbiamo rinegoziare il suo quadro per consentire standard più flessibili, e dare priorità alla cosa che più conta per gli europei: il lavoro. Ci fa poco bene accontentare con i nostri capitali un’élite non in sintonia con la realtà, mentre la gente deve stringere la cinghia e i nostri giovani vengono derubati del loro futuro.
Intraprendendo questa strada, sarà necessario un nuovo Governo. L’Italia ha bisogno di elezioni, perché solo una classe dirigente completamente nuova può ottenere il consenso politico per progettare e implementare un piano per affrontare la crisi. Gli investitori nelle obbligazioni italiane sicuramente capiranno che in un paese dove l’evasione fiscale spinge il deficit, non possono pretendere che il nostro cittadino più ricco tirerà fuori la frusta sulla disciplina fiscale. Come dimostrato dal goffo tentativo di inserire una clausola nel bilancio che avrebbe salvato Berlusconi dal pagamento di 560 milioni di euro di danni per un caso di corruzione, questo governo è stato molto più interessato a promuovere le priorità del Primo Ministro e dei suoi amici ricchi rispetto a quelle degli italiani normali.